Pensavamo di aver toccato il fondo, ma ci eravamo sbagliati. Quello che è successo (meglio, che non è successo) al Consiglio dei Ministri per i previsti provvedimenti per il cinema italiano è un comportamento indegno e disonorevole. Sono stati smentiti gli impegni presi dal ministro Bondi e dal sottosegretario Letta alla vigilia dell’occupazione del red carpet, le ripetute assicurazioni del ministro Bondi in televisione, le fondate e specifiche notizie di provvedimenti già decisi, comunicate ai responsabili delle associazioni e riprese da tutte le agenzie di stampa.
Il cinico e ottuso disinteresse del governo colpisce al cuore il cinema italiano e, indistintamente, tutte le categorie a vario modo operanti: artistiche, tecniche e imprenditoriali. Tranne chi, evidentemente, tra martedì e mercoledì, si è adoperato con forza perché ciò avvenisse: i grandi circuiti di distribuzione e di esercizio e, va da sé, gli americani, ai quali non bisogna creare il benché minimo intralcio.
Oltretutto il mancato reintegro del FUS significa la morte non solo del cinema ma di tutto lo spettacolo e la produzione culturale del nostro Paese.
Di fronte a questa contrapposizione, condotta dai gruppi forti in modo ricattatorio, è vitale che il cinema italiano resti unito, che non vada dispersa la preziosa convergenza unitaria che ci ha visti (e dovrà vederci) insieme nella rivendicazione dei nostri diritti.