Dalle pagine del Corriere di oggi l’ANICA lancia un’accusa per il ritardo nell’applicazione della nuova Legge Cinema, il cui destinatario sembra essere il Ministro alla Cultura, Dario Franceschini. Protagonista di una lunga intervista, Francesco Rutelli parla in qualità di Presidente di un’associazione affiliata alla Confindustria, dicendo cose coerenti con la sua posizione e perfettamente in linea con quelle che dovrebbero essere le politiche di un Ministero che si occupa dello sviluppo economico. Dimentica però che il Ministero competente per la normativa sul cinema è quello della Cultura, che non può snaturare i compiti attribuiti al proprio dicastero. In tal senso l’attività di concertazione svolta dalla direzione del Mibact è stata opportuna e ben condotta e ha teso ad ascoltare tutte le parti del settore che dovranno adeguarsi alle nuove norme, compresa quell’area che Francesco Rutelli contraddistingue con la definizione di “piccolo e bello”. Nel settore del cinema tale area è rappresentata dalle micro e piccole imprese che costituiscono il vero tessuto imprenditoriale italiano, lo stesso che rivolge la propria attenzione maggiormente alla produzione del cinema di qualità e meno a quello d’intrattenimento o alla gestione delle sale di provincia e quelle d’essai, piuttosto che ai multiplex.

Il blocco del cinema italiano di cui si parla nell’intervista non si può attribuire ai “tempi burocratici lenti, alla Corte dei conti, al via libera europeo, alla Gazzetta ufficiale…”. La questione è un’altra: una legge totalmente nuova necessita di un’elaborazione attuativa che richiede estrema attenzione e massima cautela, poiché gli effetti pratici di un provvedimento attuativo sono tanti e difficilmente prevedibili in assenza di una casistica pregressa. Oltretutto capita anche che quelli che si lamentano dei ritardi spesso sono gli stessi che si frappongono al processo di elaborazione quando i risultati non rispecchiano le loro aspettative.

La vera questione che andrebbe affrontata è quella relativa alle dimensioni di una coperta troppo corta che non riesce ad affrontare e a risolvere tutte le necessità delle tante componenti del settore, quelle della produzione, della distribuzione, dell’esercizio, della conservazione del patrimonio cinematografico, alle quali si sono aggiunte, con la nuova legge, quelle del settore della televisione e del multimediale. I 400milioni previsti dal nuovo Fondo di sostegno rappresentano un incremento significativo rispetto al passato, ma del tutto insufficiente a soddisfare le esigenze derivate dall’ampliamento. La ripartizione delle risorse quindi non è semplice, come non è semplice trovare una sintesi tra le istanze di tutti. C’è anche da ricordare che una recente inchiesta giornalistica ha evidenziato uno sbilanciamento dell’utilizzo delle risorse verso l’area delle imprese più grandi e il fatto che il Ministro Franceschini si adoperi per correggerlo non può che esser considerato in modo favorevole.

Per ampliare il bacino delle risorse, l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici ha avanzato da tempo alcune proposte che intende continuare a portare avanti in una prospettiva unitaria insieme a tutti coloro che le vogliano condividere:

1) Trasferimento al Mise della quota del tax credit destinata alla produzione esecutiva dei film stranieri girati in Italia;

2) Ripristino della percentuale netta del 18% dei sostegni selettivi trasferendo i costi degli enti pubblici (Biennale Cinema, Istituto Luce, CSC…) sul capitolo delle spese generali del Mibact;

3) Prelievo di scopo sugli utili delle over the top che sarà reso possibile dall’imminente approvazione della direttiva europea in materia di servizi media audiovisivi.

Tali proposte saranno presentate dall’ANAC nell’ambito del convegno Dove va il cinema italiano? organizzato dalla stessa ANICA al quale, come Associazione, siamo stati invitati a intervenire. Auspichiamo che in quella sede il Presidente dei produttori italiani voglia accogliere le nostre proposte.

Roma, 11 giugno 2017

ANAC

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