"Avetrana – Qui non è Hollywood". 100autori, ANAC e WGI manifestano la propria preoccupazione.
Comunicato stampa

 

A seguito del provvedimento emesso dal Tribunale di Taranto in assenza di contraddittorio tra le parti, il lancio della serie attualmente intitolata 'Avetrana - Qui non è Hollywood', inizialmente previsto per venerdì 25 ottobre sulla piattaforma Disney+, è stato rinviato. Il tribunale civile di Taranto ha accolto il ricorso, presentato dai legali del Comune di Avetrana, teso a bloccare la serie televisiva chiedendo la rettifica del titolo in quanto lesivo dell’immagine del paese, a prescindere dal contenuto stesso del racconto al momento ancora da tutti ignorato.
Gli autori e gli sceneggiatori italiani del mondo dell’audiovisivo, rappresentati dalle associazioni 100autori, Anac e WGI, dichiarano la propria preoccupazione in merito a quanto sta accadendo e denunciano la criticità di questa circostanza.
«Questa non è l’Italia, è Gotham City
È notizia di questi giorni: un tribunale ha sospeso la messa in onda di una serie tv dopo aver accolto il ricorso del sindaco del paese in cui è ambientata (citato anche nel titolo) che ritiene che la sua comunità sia stata offesa dal modo in cui gli autori l’hanno rappresentata. Chi è del settore sa bene di quale serie si tratta, ma il titolo è secondario. Come 100autori, Anac e WGI, associazioni che rappresentano la maggioranza degli autori - registi e sceneggiatori -italiani, riteniamo fondamentale esprimere la nostra preoccupazione di fronte a un caso eclatante. Qui non si tratta di una singola persona che ricorre al giudice perché si sente diffamata, diritto sacrosanto di ogni individuo, ma di un sindaco.
Basta un titolo o un’ambientazione a diffamare un’intera comunità?
“Romanzo Criminale” diffama Roma?
E “La saponificatrice di Correggio” mise a suo tempo in cattiva luce gli abitanti del ridente paese emiliano?
Che dire di “Roma Violenta”, “Milano calibro 9”, “Napoli spara!”.
Mettiamoci dentro anche “Gangs of New York” titolo decisamente più internazionale. Non ci risulta che il sindaco della Grande Mela se la sia presa con Martin Scorsese.
È un problema tutto italiano, che si è andato ad accentuare negli ultimi anni e che rende sempre più difficile per noi autori raccontare storie radicate nel reale. Siamo sottoposti continuamente a limitazioni e “censura”, a partire dalle case di produzione e dai broadcaster che per il timore di essere chiamati davanti al giudice e dover sospendere una produzione o una messa in onda finiscono per comprimere lo spazio espressivo di noi autori. È una condizione opprimente che rende quasi impossibile raccontare con efficacia la nostra società e le sue zone d’ombra, minando la verosimiglianza e la credibilità delle nostre serie e dei nostri film.
Ci auguriamo che i giudici facciano le loro valutazioni con tutta la serenità necessaria e siamo fiduciosi sull’esito, ma il fatto che un tribunale abbia accolto un tale ricorso è un precedente pericoloso che rischia di trasformarsi in un ennesimo argomento per ingerenze future.
“Avetrana qui non è Hollywood” racconta fatti realmente accaduti, è ispirato a un libro, oltre che alla cronaca di quel terribile caso. Cosa avrebbero dovuto fare gli autori, ambientarla a Paperopoli?»

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