È scomparso all'età di 90 il regista e socio storico Alvaro Bizzarri, che l'Anac aveva omaggiato nel 2022 al Torino Film Festival  con il premio alla carriera “per l’insieme della sua opera di autore indipendente, coerente, rigoroso e da sempre attento alle problematiche sociali”.

Queste le parole del consigliere Giuseppe Gaudino, a nome di tutto l'Esecutivo, in ricordo di Alvaro Bizzarri.

ALVARO BIZZARRI (1935-2024) ci ha lasciato.

È triste dare la notizia della scomparsa di un cineasta se a questo aggiungi che era un cineasta anomalo, indipendente, un bravo disvelatore di verità in ambito documentaristico. Alvaro Bizzarri, un pistoiese del 1935 immigrato in Svizzera per lavoro. Ha fatto l’operaio e il muratore e da gran curioso ha studiato da autodidatta le tecniche di ripresa.  Negli anni ‘60 ha iniziato a documentare la vita dei suoi connazionali: gli italiani che dovevano fare gli stagionali per guadagnare il sostentamento per la famiglia che restava in Italia.

Quando vidi i suoi documentari tra il 1982 e l’1983 alla Cineteca di Bologna ne rimasi folgorato. Tra questi il film “Lo stagionale” del 1972. Mi rimase dentro per la profondità e lo sguardo. Insegnava a noi tutti qual era la condizione dello stagionale italiano ed europeo nella ricca Svizzera. La questione della vita degli stagionali era una brutta macchia per il diritto umano. Era una vita durissima anche per chi riusciva a portare con sé una moglie o un figlio, ma che dovevano restare reclusi in una soffitta per non essere scoperti dalla polizia altrimenti venivano espulsi sui due piedi. E quindi addio al denaro e al lavoro.

Alvaro l’ho riconosciuto perché un giorno intervenne da remoto a un direttivo aperto che come tradizione facciamo da sempre all’Anac. Non conoscevo il suo volto ma quando si presentò alla fine del suo intervento mi presentai e snocciolai due tre cose sui suoi film. Ero rimasto sì impresso dal suo lavoro ‘Lo stagionale’ ma conoscevo anche altri suoi due film autoprodotti da indipendente negli anni ’70. Alvaro ci raccontò come si avvicinò nel 1975 all’Associazione Nazionale Autori Cinematografici. Riconobbe Carlo Lizzani e Citto Maselli fuori dalla sede Rai di viale Mazzini. Stava per fare un gesto eccessivo per farsi ricevere dalla Rai. Subito i due registi dell’Anac gli offersero il loro aiuto e nel rassicuralo gli promisero che nei giorni successivi avrebbero avuto per lui un incontro con un dirigente per le acquisizioni. Alvaro si sentì rassicurato e due giorni dopo ebbe l’appuntamento con il dirigente Rai.

Rimanemmo in contatto e - dopo aver informato il direttivo di chi fosse, di cosa avesse fatto Alvaro Bizzarri- lo stesso direttivo decise di inserirlo nelle celebrazioni per i 70 anni dell’Anac. Era una semplice targa ricordo a testimonianza della vicinanza dell’Associazione. Organizzammo l’evento al Festival di Torino il 1° dicembre 2022. Per me fu un bel momento, ma lo fu anche per l’Anac. Fu emozionante anche per Alvaro.

Facemmo di tutto per dare ad Alvaro un riconoscimento che fosse significativo e che lo ricompensasse per i lunghi anni di silenzio a cui fu costretto.  Solo un giornale parlò dell’evento, come se riguardo a un vecchio cineasta italiano non si potessero sprecare neanche alcune righe su un giornale.

Dopo la cerimonia parlammo a lungo io e Alvaro e gli chiesi se aveva ancora dei progetti. Me li accennò, ma alla proposta di trovare un produttore che potesse supportarlo nella ricerca dei fondi necessari trovai una certa resistenza: Alvaro aveva paura di incontrare delle personalità che potessero incidere sul suo lavoro. Alvaro sapeva come si produceva in Italia ma il fatto che per più di 44 anni avesse continuato ad autoprodursi era la sua istintiva risposta del suo fare in piena autonomia. Alvaro reclamava la sua indipendenza, voleva esser solo lui responsabile dell’idea e della sua realizzazione. Mi raccontò piccoli episodi rappresentativi che illuminavano la sua scelta di fare del cinema di denuncia.  A quanti “antigesti” era stato costretto, a quanto aveva dovuto schivare per poter essere libero nel filmare e ricevere la fiducia dei suoi intervistati. I suoi intervistati si fidavano di un ex muratore che stava dietro la super8 o la 16mm che si era comprato.

Alvaro da 35 anni  aveva deciso di ritornare nella sua Pistoia lasciando la Svizzera.

Spesso era lui a chiamarmi perché cercava un contatto con una personalità del cinema che aveva incontrato in giro per l’Europa in qualche festival e con cui voleva scambiarsi dei materiali, così per mantenere la parola data.

Crediamo nell’auspicio che almeno ora i suoi film vengano presi a modello per studiare poetiche e tecniche di un documentarista che merita di essere accolto nell’Olimpo della storia del cinema italiano. Caro Alvaro, resterai nella nostra memoria perché sei stato sì un autodidatta ma un autodidatta che avrebbe potuto insegnare tutto a tutti. Spero e confido che si interrompa quest’oblio nella nostra cultura che l’ha visto vivere un po’ troppo isolato. Alvaro non cercava i tappeti rossi, né il successo, ma voleva continuare a lavorare realizzando coerenza tra il contenuto e la forma. Per far ciò doveva misurare le sue esigenze anche con l’economia della sua famiglia.

Addio caro Alvaro, e includiamo nell’abbraccio la tua compagna Katharina e le tue due figlie

Roma 6 dicembre 2024

06/12/2024 - ANACronista
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