di Francesco Ranieri Martinotti presidente Anac
 L’annuncio della presentazione di un Disegno di legge sul cinema a firma Franceschini ha disorientato tutti. Ci sono due paradossi in questo annuncio il primo è che esiste già una proposta di legge, la Di Giorgi/Zavoli, incardinata al Senato, tanto che si stanno svolgendo ancora le audizioni con le associazioni di categoria che nella quasi totalità l’hanno accolta con favore, il secondo è che si tratta di una riforma inequivocabilmente scritta per e con i produttori.

Il fatto più grave è che si annichilisce il valore culturale del cinema. Si manda in soffitta il Centro Nazionale del Cinema, si snatura il prelievo di scopo,si attribuiscono ancora più poteri e competenze al Ministro, si legittima l’uso di soldi pubblici per produrre fiction e serie tv, si soffoca il cinema d’autore e la produzione indipendente, assegnando a essi una ridicola parte del costituendo fondo di quattrocento milioni… Anche per quel che riguarda l’esercizio:  si aiutano le sale (e va bene) senza però prevedere alcun obbligo di programmazione a favore del cinema italiano (e va male), si cancella scandalosamente il circuito delle sale d’essai, l’unico che in questi anni ci ha consentito di vedere i film di qualità. Non si fa infine alcun cenno all’educazione all’immagine e alla formazione del pubblico.

In pieno accordo con i produttori – che, sulla scia dei successi delle serie tv americane, ritengono sia meglio puntare sui prodotti audiovisivi piuttosto che realizzare film per la sala – la proposta cancella ogni distinzione tra cinema e audivisivo ? e prevede un meccanismo di sostegni automatici che assegnano quasi tutte le risorse (l’85%) alle imprese sulla base del loro fatturato e del successo delle loro produzioni.

Altrettanto importante è  la modifica del prelievo di scopo in prelievo erariale.  Sembra insignificante ma non è così. Stravolgere il concetto di raccogliere le risorse dai fatturati di chi sfrutta il cinema e l’audiovisivo, a partire dalle cosiddette Over The Top, e orientarsi verso un prelievo erariale che dirotta sul Mibact una parte dell’ Ires e dell’ Iva versata ogni anno dalle aziende di settore, comporta due grossi rischi. Uno è che un Ministro del Tesoro ostile (per intenderci alla Tremonti) un giorno voglia indirizzare tale prelievo verso altri settori, l’altro è che l’Europa consideri questo prelievo proveniente dalla fiscalità generale, come un aiuto di Stato, annullando tutto.

Oltretutto i soldi che saranno reperiti con questo sistema porteranno al settore un incremento di soli 160 milioni rispetto agli attuali 240 milioni (Fus e Tax Credit insieme) che andranno divisi tra molti più soggetti , perché entrano in gioco anche le produzioni di fiction tv e serie tv.

La norma che stabilisce un limite massimo del 15% ai sostegni selettivi (art 12 comma 9) – quelli assegnati tramite un comitato di esperti a tipologie particolari di film realizzati per lo più dalle piccole società – è il segno inequivocabile che la nuova proposta favorisca soltanto una parte del settore. Questo 15% oltretutto è il limite massimo, nel senso che  il  ministro di turno ha facoltà di ridurlo quanto vuole, fino ad annullarlo. Queste risorse (al max 60 milioni) sono divise tra produzione (anche di opere prime seconde e under 35), distribuzione ed esercizio. Il che significa che alla produzione del cinema cosiddetto “difficile”, quello che i francesi chiamano “audace” perché sfida le regole commerciali del mercato, andranno se va bene le stesse risorse previste dalle norme vigenti.

Poiché questa riforma regolerà il cinema e l’audiovisivo italiano per i prossimi anni, sarebbe bene che fosse condivisa al massimo e si tenesse conto delle esigenze di tutte le categorie emerse nelle audizioni al Sanato: il senso di investire risorse pubbliche è quello di allargare il ventaglio delle opportunità a tutte le componenti del settore.

Invece questa proposta di legge ha il chiaro intento di rafforzare poche aziende e in particolare nel ramo produttivo. Nella migliore delle ipotesi esse acquisteranno la capacità di competere con maggior solidità sullo scenario interno con un certo tipo di prodotti commerciali. Su quello internazionale, invece, è tutto da vedere. Il risultato sarà, alla fine, quello di portare il settore ad atrofizzarsi, riducendo al minimo  le possibilità di ricambio artistico e produttivo.

La storia del cinema (in particolare del cinema europeo)  dimostra che, nella maggior parte dei casi,  il rinnovamento degli  stili, dei temi e dei linguaggi, è sempre arrivato a partire dalle piccole realtà che hanno creduto nei talenti al di là dei loro risultati commerciali.

Convinti della necessità di elaborare tutti insieme una proposta di correzioni da portare al Ministro, invitiamo tutti i professionisti del settore all’assemblea aperta di giovedì 18 febbraio, ore 18, presso la sede dell’Anac, in via Montello 2, 00195 Roma.

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