RELAZIONE DI APERTURA
Nella giornata di ieri una delegazione dell’ANAC è stata ricevuta dalla presidente della commissione cultura del senato Vittoria Franco, affiancata da Alessandra Untolini. Vittoria Franco ci ha illustrato il progetto di legge da lei elaborato e di cui ci ha fornito una sintesi di dodici pagine in attesa di farci conoscere il testo integrale che verrà depositato in settimana.
Abbiamo ritenuto utile a tutti la distribuzione di questo testo, mentre è doveroso da parte nostra esprimere alcune primissime osservazioni e — diciamolo pure — anche qualche vivissima preoccupazione.

La prima osservazione
riguarda l’unificazione dei cinema con l’audiovisivo. Anche noi dell’ANAC siamo caduti nel passato in questo errore e proprio per questo cì riteniamo in diritto-dovere di chiarire dov’ è l’errore. L’errore è nel considerare il cinema soltanto come film narrativo mentre deve esservi compreso evidentemente anche il
documentario, il cinema d’animazione e tutta la vastissima gamma espressiva aperta dalle nuove tecnologie. Non c’è bisogno di riandare ai Ricciotto Canudo, Rudolf Harneim o ai tanti altre teorici del cinema-cinema per sapere come da sempre il cinema va considerato nell’intera e vastissima gamma delle sue forme espressive: dall’avanguardia francese e russa fino alla scuola documentaristica inglese la storia intera del cinema mondiale è carica delle più straordinarie e libere esperienze. Allora il termine “audiovisivo” si ripropone per quello che nella sostanza e nei fatti è: la FICTION TELEVISIVA, e dunque abbinare in una legge la fiction televisiva al cinema significa letteralmente aiutare una realtà che è già fortissima, a diretto discapito di un settore che ha oggi bisogno in tutta Europa del massimo sostegno.

La seconda osservazione
riguarda il Centro nazionale per il Cinema che intanto, per i motivi suddetti, non può in alcun modo essere esteso all’audiovisivo. Poi che deve essere una struttura eminentemente democratica:
concepita e organizzata in modo che tutte le realtà che il cinema lo fanno concretamente vi siano rappresentate. Per questo è sbagliato creare un Consiglio di amministrazione nominato da tre ministeri e dalla conferenza Stato-regioni: attribuire dunque a questo tipo di rappresentanze sia la gestione generale e politica del Centro che — addirittura — la definizione e redazione del suo statuto. Se è vero, come ci ha risposto la senatrice Franco, che la nuova legge finanziaria limita ogni consiglio di amministrazione a un massimo di cinque persone, è evidente che le funzioni di direzione (ripartizione e allocazione delle risorse, gestione generale e indirizzi) vanno allora attribuite a un comitato direttivo largo, forte e fortemente rappresentativo di chi il cinema lo fa, lo conosce, lo vive.
Francamente inaccettabile, invece, ridurre le rappresentanze della. categorie a una “consulta” priva di ogni potere e collegata direttamente al Ministro.
Se questo dovesse mai essere il CNC che ANAC chiede da quasi dieci anni sarebbe davvero una vittoria non sappiamo se più buffa o più grottesca.
Tutta la riforma della 122 indicata nel documento consegnatoci ci pare contenga buonissimi punti come la definizione di produttore indipendente e l’obbligo di programmazione dei film italiani in prima serata. Per il resto rimandiamo il nostro giudizio a un’ analisi più dettagliata possibilmente di quello che sarà l’articolato disegno di legge.

Osservazioni di partenza:
La prima riguarda il carattere che è più di “prestito” o “anticipazione” di quello viene invece presentato come un contributo complementare. Dunque va valutato in questi termini e con quei parametri. La seconda riguarda l’impossibilità di valutare l’importanza, il senso e le specificità dei contributi selettivi e automatici senza che sia stato definito percentualmente il rapporto fra i due. Da sempre il parere dell’ ANAC è che solo l’attribuzione di una quota maggioritaria (attorno al 60%) ai contributi selettivi può definire quella linea della qualità che deve caratterizzare la nuova politica cinematografica italiana nel quadro di una strategia nazionale ed europea in grado di contrastare la predominanza americana non sul terreno mercantile ... dove fra l’altro saremmo perdenti — ma su quello di una produzione di contenuti basati sull’innovazione, la ricerca, l’originalità: in una parola sulla CREATI VITA’.

E a proposito di predominare ci ha stupefatto l’assenza di ogni norma antitrust. Malgrado l’ampio e dettagliato spazio dato a questo aspetto nel programma dell’Unione. Malgrado sia un punto essenziale di tutti i documenti prodotti dal cinema italiano a partire dal convegno di gulliver del 1999, fino al testo conclusivo del seminario delle giornate degli autori.
Ci è stato spiegato da Vittoria Franco che il presidente dell’ “Autorità garante della concorrenza e del mercato” non ha rilevato nel cinema alcuna realtà predominante. Il nostro giudizio è che invece l’intero mercato cinematografico italiano sia drogato e strozzato da gruppi di potere fortissimi e vincenti; e che dunque è proprio il compito del legislatore individuarne e sancirne i termini e le discriminanti. Quello che ci è chiaro, infatti, è che nelle condizioni attuali non è possibile rivitalizzare e rilanciare il nostro cinema in Italia, in Europa, nei mondo.

E’ in questo spirito che chiamiamo tutti i nostri colleghi a studiare molto attentamente tutti gli articoli delle leggi che ci verranno proposte. Per rilevarne gli aspetti positivi, certo, ma senza fare sconti a niente e nessuno: ne va del nostro futuro e della nostra vita.

12/06/2007 - 2016-oggi / Documenti
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